Materiali dall'Egitto


::Luglio 2009::

Egitto / Shalatin

La tratta dei dromedari

Ultimo avamposto prima di varcare il confine con il Sudan, Shalatin é il luogo dove la cultura egizia si fonde con quella sudanese.
Il tragitto lungo la costa del Mar Rosso in direzione sud offre un panorama arido ma vivo. Siamo nel Deserto Orientale, dove crescono le acacie e passeggiano i dromedari con la loro andatura dinoccolata. Sparuti insediamenti di capanne interrompono il paesaggio di sabbia e di polvere. Dimora dei nomadi. I beduini del deserto si spostano alla ricerca dell'acqua che qui segue i canali di scorrimento dei wadi. Canyon che s'irradiano nella terra arsa, bacini idrografici che si gonfiano durante le rare ed occasionali piogge. Gli abitanti di questa terra di confine provengono prevalentemente dall'Arabia Saudita e vivono di pastorizia e commercio.
La sosta nella città di Berenice é solo tecnica, poiché non é permesso visitare le rovine archeologiche. Poche povere case e il coraggio dei bambini di avvicinarsi al pullman dei turisti, offrono l'opportunità di scattare qualche foto. E di regalare i cestini del pranzo. Le donne, avvolte da grandi tessuti colorati, guardano da lontano, sulla soglia delle abitazioni di lamiera.
I posti di blocco militare lungo la strada si susseguono per il controllo dei documenti. Un poliziotto siede a fianco dell'autista del pullman da turismo e la guida racconta. Parla della cultura egiziana, della dote per il matrimonio, che consiste in beni, soldi e dromedari. Parla dell'"usanza" per cui le donne egiziane non lavorano. E' un'incombenza riservata agli uomini. Parla delle pratiche del divorzio, molto più sbrigative di quelle occidentali. E dice che é sufficiente che l'uomo pronunci per tre volte la frase "io ti ripudio" al cospetto della moglie e il matrimonio é sciolto. La donna che intende separarsi deve chiedere all'uomo di pronunciare quelle parole tre volte, ma se lui non é consenziente, dovrà rivolgersi ad un avvocato. Parla del Ramadan incipiente, del significato culturale del digiuno sacro. E della riunione familiare al tramonto per festeggiarne la fine. Elemento di coesione sociale.
L'arrivo a Shalatin é di grande impatto visivo. Decine di mercanti di diversa provenienza stazionano in un assolato spiazzo sterrato sotto il sole cocente. La temperatura é torrida. Sono egiziani e sudanesi, vestiti con le tradizionali jalabiyah, lunghe vesti bianche, su cui indossano gilet neri multitasche. E' il più grande ed antico mercato di dromedari dell'Alto Egitto. Di dromedari, sì, perché, a differenza di quanto si creda, in Egitto non ci sono cammelli. Vengono trasportati qui con grandi furgoni per la compra vendita. Subiscono il passaggio dal veterinario che li marchia, così da ottenere un attestato di sana e robusta costituzione. Le contrattazioni si svolgono tutte a voce; la valutazione del peso e delle prestazioni commerciali degli animali viene stabilita a occhio. E' uno spettacolo forte.
Nonostante la cerimonia delle visite guidate sia ormai acquisita dai mercanti, e il rito dei reportage fotografici accettati di buon grado al punto da sollecitarne la messa in posa, si é catapultati in un altro mondo. Mondo arcaico, arabo, antico scambio. I dromedari sono merce preziosa per la loro carne, cibo arrostito molto diffuso nella dieta. Per il loro latte, che guarisce il fegato ammalato a causa dell'acqua contaminata. E per il loro pelo lanoso, usato per tessere abiti caldi.
Triste destino. I dromedari sono avviati al macello. Attendono la loro sorte con una zampa anteriore legata affinché non si agitino o si muovano troppo. E quando sono acquistati, sono costretti a salire sui furgoni a forza di vergate, legati dalla bocca che emette urla strazianti, in attesa che salgano anche gli altri. Veicoli stipati da una decina di esemplari ciascuno, pronti per le diverse destinazioni attraverso le antiche vie carovaniere. Diretti al Cairo, ad Aswan, in Sudan, in Libia, in Marocco. E' uno spettacolo forte.
Per le viuzze del paese negozietti di spezie, datteri e oggetti artigianali attirano i visitatori. Gruppi di bambini seguono i turisti, con i loro visi luminosi. Vendono collanine fatte a mano e sono riconoscenti, al punto da regalare un braccialetto a chi ha acquistato qualcosa al prezzo richiesto, senza troppo contrattare.
La gita é finita. Le strade sono attraversate da uomini con il turbante che incitano i gamal, come i pastori con le proprie pecore. Camion coloratissimi, parcheggiati sul piazzale, si riempiono di ogni tipo di vettovaglie. Stracolmi fino all'inverosimile, partono in precario equilibrio per il vicino Sudan.
Il pullman dei turisti si riempie del suo carico di curiosi. Un'ultima occhiata panoramica dal finestrino. Sulla via, i bambini vestiti di bianco, tutti insieme, tutti in fila, osservano e salutano con la mano. Con i loro sorrisi solari e i loro sguardi rapidi, mobili, erranti. Come gli abitanti del deserto.

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