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Materiali dall'Africa - Sudan


Marzo 2008
Sudan - Suakin, la città di corallo

In un paese africano in guerra, difficile da girare per un turista indipendente, é una preziosa occasione avere la possibilità di visitare un piccolo gioiello architettonico, o meglio ciò che ne rimane. Suakin, la città fantasma. Costruita su un'isoletta incastonata in una marsa (insenatura naturale), Suakin era l'antico porto del Sudan e il più importante approdo commerciale del Mar Rosso. Le merci preziose, oro, avorio, spezie e schiavi, transitavano da qui per essere poi trasportate, attraverso le vie carovaniere, fino al Nilo e alle coste del Mediterraneo. I ricchi mercanti costruirono la città con blocchi di corallo e ancora oggi si possono ammirare i resti di eleganti palazzi, moschee e viali, testimonianza maestosa di un antico splendore, nonostante il sito sia diroccato e abbandonato all'incuria del tempo. Quando la barriera corallina, nel suo lento ed inesorabile processo di crescita, ha invaso l'insenatura riducendo lo spazio per l'approdo delle grandi navi da cargo, gli inglesi hanno spostato le attività commerciali nel nuovo porto del Sudan, Port Sudan, condannando Suakin ad un fatale declino, fino al completo abbandono. Lo splendore della Perla del Mar Rosso, che nel 1540 veniva paragonata a Lisbona, si rintraccia nelle rovine delle mura, dei magazzini delle spezie d'Oriente e nell'atmosfera che la circonda.

Suakin si raggiunge in minibus da Port Sudan. I 60 chilometri in direzione sud attraversano il deserto, dimora ostile e affascinante di insediamenti beduini, pascolo arido di cammelli e capre. Il vento solleva la sabbia fine che investe e appiccica sul sudore del caldo torrido dell'entroterra sudanese.
All'ingresso di Suakin i custodi, vestiti di bianco come angeli, siedono di fianco ai cannoni ed elargiscono sorrisi ai rari turisti. La conversazione, un misto di arabo e qualche parola di inglese, é più immaginaria che reale. Ma é già sufficiente un rispettoso "Salam Alekum" per salutare e "Shukran" per ringraziare. La città ha ancora la sua struttura intatta: viali lunghi e polverosi delimitati dai resti delle mura di cinta, la facciata della porta della città sovrastata da un'effigie che indica la Mecca. La baia che lambisce le rovine é del blu intenso del Mar Rosso, colonizzata da famiglie di fenicotteri rosa e dimora dei dugonghi, che brucano nelle acque salmastre ancora indisturbati. L'assenza di infrastrutture turistiche e tour organizzati non consente di periziare queste acque al fine di ammirare i gentili mammiferi marini nel loro habitat naturale. Un impedimento che però li salvaguarda e alimenta la speranza che almeno qui possano sopravvivere esemplari di una specie a rischio di estinzione in buona parte del mondo.
La cupola del minareto si staglia silenziosa sulla Città di Corallo e l'ultima immagine che si stampa nella memoria del visitatore é un muro diroccato su cui si appollaiano i rapaci. La fanno da padroni in una città dove non c'é anima viva, dove il gioco di arabeschi e torri merlate rimanda ad un passato splendore e alla vivacità di un mercato fiorente e movimentato. L'unico commerciante superstite è un uomo vestito di bianco che all'uscita offre conchiglie tirate a lucido al prezzo di 1 dollaro l'una. Un souvenir in sintonia con il luogo! E pensare che i coralli e le conchiglie non andrebbero mai collezionati né strappati al mare, e tanto meno venduti ai turisti, perché sono patrimonio inestimabile del fragile e prezioso ecosistema del mare.

Per visitare Suakin è necessario chiedere il permesso preventivo alle autorità locali. Il tour costa 25 dollari e bisogna presentare il passaporto quando si scende al molo dalla barca.
A ridosso dei mercati delle cittadine che si incontrano lungo il percorso le guide locali impongono ai visitatori un deciso "NO FOTO".
Nella cultura islamica, infatti, fotografare qualcuno equivale a rubargli l'anima. E la sensibilità altrui va sempre rispettata.


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