Materiali dall'Australia


::Estate 2012::

Western Australia

Karridale - C'è una casa nel bosco

Lungo la Bussel Highway, a circa metà strada tra Margaret River e Augusta, si trova la piccola località di Karridale. Nel nome, la natura del posto, la sua essenza. Anzi, è a partire dalle caratteristiche peculiari di un luogo che vengono nominate le cose in Western Australia. Come racconta la genesi del suffisso up, che letteralmente significa “il posto di”. Così Manjimup è il posto dei giunchi, Boranup è quello del dingo, Beedelup è quello del riposo, a conferma della manipolazione semantica di parole di origine aborigena. E’ il patrimonio linguistico del popolo indigeno dei Nyoongar, che abitano il sud ovest del Western Australia. Nell’idioma aborigeno, infatti, le cose sono denominate in relazione alla loro collocazione e al ruolo che ricoprono nella natura, in una sorta di nomenclatura animista. Il Dreamtime, il Serpente arcobaleno, le vie dei canti e le stagioni scandiscono i ritmi della vita nell’outback e ne determinano il linguaggio.
Karridale, la valle dei karri. Karri Forest. Foresta vergine.
Imponenti alberi secolari, i karri (Eucalyptus diversicolor) crescono fino a novanta metri d’altezza. Sono gli alberi più alti del Western Australia e tra i più alti al mondo. I tronchi cambiano corteccia ogni anno come facessero la muta e appaiono multicolori grazie ai diversi strati che si sovrappongono e si stratificano nell’eterno ciclo di rigenerazione.
Le stradine ombrose di terra rossa s’inoltrano nel fitto della boscaglia. I giochi di luce del sole, che filtra a malapena attraverso la folta chioma verde, crea riflessi dorati tra le foglie alternati a ombre proiettate sul terreno. Luci ed ombre, sussurri e grida, silenzio e suoni. Suoni della foresta, misteriosa, impenetrabile. Affascinante. La selva lussureggiante nasconde. Copre e protegge gelosamente la vita selvatica, wildlife. Difficile cogliere l’attimo di una presenza nel sottobosco, appena percepita dal lieve crepitio dell’humus del terriccio umido. Difficile imprimerla su pellicola. Scatti mancati, sfiorati. L’assenza di foto è la prova di una vita selvaggia veloce, mimetizzata, elusiva. Le fugaci apparizioni colgono di sorpresa, non danno il tempo di congelarne la visione in immagine. Pezzi unici e irripetibili, imprendibili. Come i canguri che sbucano all’improvviso dal nulla, attraversano la strada a grandi balzi e scompaiono nel bush in una frazione di secondo. La “cangurabile” è il luogo degli avvistamenti. Ibis e aironi, spatole e kookaburra, il paradiso degli uccelli. Emu a passeggio, fuggono al minimo rumore di automobile che sopraggiunge.
C’è una casa nel bosco a Karridale. Il prato è attraversato da leprotti in cerca di semi. La volpe rossa pattuglia l’aia, lesta, in caccia. E’ una delle specie importate che mettono a rischio la sopravvivenza di quelle autoctone. E’ per limitarne l’impatto, che minaccia l’habitat naturale della wildlife, che i parchi nazionali del Western Australia sono disseminati di esche avvelenate. Poison Risk Area recitano i cartelli che segnalano il pericolo, vietando l’ingresso ai cani domestici e destinando le polpette avvelenate agli animali inselvatichiti estranei all’ecosistema, nel tentativo di sradicarli. Le vittime di questi feroci predatori si nascondono di giorno. Animali notturni, marsupiali, fanno capolino quando il buio avvolge il mondo, quando la casa nel bosco spegne le luci e si addormenta. E’ il loro momento.
L’opossum arriva furtivo, certo della sua capacità di vedere quando tutt’intorno è cieco, quando tutt’intorno è notte. Con i suoi occhioni neri si fa strada, silenzioso, guardingo. Sa che troverà semi e frutta. E dopo aver soddisfatto il suo istinto di fame, percorre il prato e sale sull’albero della casa. Si accomoda sul ramo più alto e guarda in basso, con la testa reclinata, curioso. Sta lì, tutte le notti. Sull’albero della casa nel bosco.
La scenic drive prosegue e s’inoltra nell’area di vigneti e fitta foresta. Manjimup, con il suo ponte costruito con un singolo gigantesco albero di karri; Boranup, con il fogliame che si ricopre di fiori selvatici in primavera; Beedelup National Park, con la sua cascata che per cento metri precipita sulle rocce di granito nel cuore del bush. E Nannup, il posto dei pappagalli in lingua aborigena. Dove la foresta nasconde e si sente leggendaria la presenza della tigre di Nannup, un marsupiale dal corto pelo striato simile ad un lupo. Nessuno lo ha più avvistato da tempo, ma tutti giurano che vive ancora lì. Forse nel sottobosco che custodisce segreti, che protegge la vita selvaggia, che regala o nega la visione delle creature che lo abitano a seconda del caso fortuito o del merito Forse è una questione di feeling, di sensibilità, di capacità d’interazione. La tigre di Nannup si paleserà a chi saprà conquistarne la fiducia, ma, in caso contrario, continuerà a rimanere nascosta e protetta nello scrigno del cuore di tenebra della foresta come un gioiello prezioso. Piuttosto, preferirà proseguire nella tradizione della leggenda. Nell’assenza la più evidente presenza.
Oppure arriverà inaspettata, di notte, nella casa nel bosco, quando tutto è silenzio, quando le voci si tacciono e gli unici afflati di vita sono quelli della natura che si risveglia.

Paola Ottaviano

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