Materiali da Lampedusa


::Agosto 2015::

Lampedusa - Mare Nostrum

Lampedusa al centro del Mare Nostrum, quando nell'ottobre 2013 la Marina Militare Italiana fu impiegata nella missione di salvataggio a seguito della "tragedia di Lampedusa", il naufragio dell'imbarcazione libica che provocò trecentosessantasei vittime tra i migranti.
Lampedusa al centro del Mare Nostrum, come gli antichi romani denominarono il Mare Mediterraneo.
Lampedusa al centro di speculazioni infinite, la porta d'Europa, dove i lampedusani esercitano la compassione e l'accoglienza e al tempo stesso lamentano la cattiva propaganda che danneggia l'immagine dell'isola come paradiso delle vacanze, sposando le più becere motivazioni razziali degne soltanto dell'ignoranza pilotata ad arte da politicanti di bassa lega a caccia di voti facili. Si è sempre un po' razzisti con chi abita più a Sud di noi.
E pensare che durante la settimana di ferragosto l'isola scoppia letteralmente di turisti, e di migranti, o clandestini che dir si voglia, neanche l'ombra. Non se ne vede uno in giro, forse li hanno sequestrati, nascosti, messi sotto chiave. L'unica situazione carica di tensione che si vive in diretta è una fila di macchine ferme in attesa dell'autobotte della benzina, che riempia i distributori prima che scoppi la rivolta. La rivolta dei turisti. Chissà quale solito monopolistico appalto clientelare o quale solita riduzione di costi sulle modalità di trasporto ne sia la causa, nessuno lo sa di certo. E neanche lo saprà mai malgrado si sforzi di interpretare il linguaggio criptico dei lampedusani, frutto da un lato dell'analfabetismo strutturale dovuto alla limitata scolarizzazione (a Lampedusa la maggior parte delle persone arriva al massimo alla terza media), dall'altro a quel misto di dialetto locale e omertà lessicale esibito con grande compiacimento come fosse la lingua nazionale, riconiugata e declinata in siculo e ostentata con sottile disprezzo e superiorità. Gli stessi che ancora caratterizzano una cultura sessista, infarcita di poetiche lusinghe di corteggiamento, di vibranti approcci romantici che adulano le donne per poi farle soggiacere in uno stato di sudditanza fisica e psicologica che le relega in una condizione di dipendenza e le obbliga ad affannarsi continuamente nella spasmodica ricerca dell'approvazione maschile e sociale che non arrivano mai. Se no come farebbero a tenerle sempre appese alla dicotomia madonna /bottana? E' un po' come tornare indietro, a usi e costumi arcaici, di altri tempi. Ma, tra questi, quelli che davvero dovrebbero essere preservati nel tempo, sono stati oramai dismessi.
Mare Nostrum, il Mare Mediterraneo. Un mare depredato dalla pesca selvaggia.
Popolo di pescatori, i lampedusani si ritrovano sempre più privati della loro attività, la pesca artigianale, sopraffatti dalla pesca industriale dei pescherecci tunisini che sconfinano illegalmente in acque territoriali italiane e rastrellano di tutto, con la pesca a strascico, lasciando il mare vuoto, svuotato, privo di pesci. Così dicono. Ma quando arrivi in una pescheria del centro dove un pescatore tronfio e osannato dai suoi compaesani esibisce uno squalo azzurro, uno splendido esemplare di verdesca di due metri appena arpionato sul fianco da un uncino, ci si chiede se non siano anche loro, i pescatori locali, i responsabili della moria del nostro mare, il Mare Nostrum.
I fondali di Lampedusa sono ricoperti di praterie di posidonia, che è fonte di ossigeno, ma non ci sono più pesci. Non ce ne sono più. Ci sono invece miriadi di meduse, ovunque, urticanti, terrorizzanti. Sarà che la temperatura del mare si è innalzata tanto da far proliferare queste splendide quanto pericolose creature, ma forse non è questa l'unica causa. Le tartarughe Caretta Caretta, che ogni anno vengono a deporre le uova sull'Isola dei Conigli, quest'estate si sono viste poco. Nessun operatore del WWF che opera sulla spiaggia più bella del mondo, monitorandola anche di notte, ha registrato alcun avvistamento di tartaruga nel periodo di ferragosto. E le meduse sono il cibo preferito dalle tartarughe. Forse il troppo affollamento le ha intimidite, e deve aver intimidito anche i delfini, tursiopi o stenelle che siano, avvistati sempre più raramente durante gli spettacolari tour dell'isola in barca. Spariti anche loro. Magari ne sono rimasti in troppi impigliati tra le maglie delle reti dei pescatori di frodo. Nessuno lo sa di certo, nessuno lo saprà mai.
L'ultimo baluardo ancora vivo di vita bentonica resta Lampione, l'isolotto al largo delle Pelagie, più africana che italiana, data la breve distanza dalle coste della Tunisia. Gli squali grigi nuotano ancora nel blu, scattanti, sfuggenti, timorosi. Schizzano via come schegge al minimo sentore di presenza umana. Scorfani colorati si mimetizzano tra le rocce e il pesce civetta, anonimo e ordinario, all'improvviso sventaglia le sue pinne laterali e si trasforma da crisalide in farfalla in una metamorfosi caratteristica e straordinaria.
Certo però il pesce non manca sulle barche durante i giri dell'isola. E che pesce! I lampedusani sono cuochi raffinati e maestri di cerimonie nell'arte dell'ospitalità. Un'ospitalità dai gusti antichi, che sposa tutta la tradizione isolana di un popolo di mare. In cambusa si cucina tutto il giorno, si preparano antipasti a base di crostini al paté di sgombro, squisiti piatti di pasta con gamberi e ricciole, tranci di pesce di Paranza fritto e dorato, vino, caffè e dolci della casa. Un tripudio di odori e sapori di terra di Sicilia, che affonda ancora le sue radici nella memoria del Mediterraneo, quel vilipeso, ferito, bistrattato Mare Nostrum.

 

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