Materiali da Arabia Saudita

::Luglio 2008::

The Kingdom

Editoriale

Non é facile descrivere le sensazioni provate durante la visita in un paese come l'Arabia Saudita. Si rischia il condizionamento dettato dagli stereotipi e dai pregiudizi occidentali che ne diventano parametro valutativo. E' allo stesso tempo impossibile prescindere dal proprio background culturale.
L'impatto con l'Arabia Saudita é shockante.
Scavalcato il primo ostacolo burocratico per aver superato i trent'anni di età, al di sotto dei quali una donna può entrare nel Regno solo se accompagnata dal marito, la prima impressione di essere atterrati in un altro mondo si ha dall'atmosfera che si respira, caldo-umida, pesante, non solo meteorologicamente.
Scesa dall'autobus per necessità fisiologiche, cerco un bagno in un centro commerciale sulla strada che da Jeddah porta a Yanbu. Mi rendo subito conto che una serie di atteggiamenti, per me naturali, sono visti come inadeguati. Come accendersi una sigaretta per strada o girare da sola.
Mi accompagnano.
All'entrata dello shopping center, vedo alcune donne in gruppo nei loro vestiti tradizionali, accompagnate dagli autisti. Nel Regno alle donne è proibito guidare.
Sguardi inquisitori e censori osservano penetranti ogni minimo gesto o atteggiamento, tanto da creare un vero e proprio imbarazzo, da far sentire a disagio. Tutto cambia improvvisamente una volta entrata nella toilette delle signore. Saluti, sorrisi e allegria. Le donne Saudite, una volta da sole in privato, si "svelano", ricompongono le acconciature dei loro bellissimi capelli neri e si divertono. Come a scimmiottare tutto il "dover essere" da ostentare al cospetto della comunità. Ma sarà vero allora quello che si dice? Che le ferree regole dell'Islam sono rigidamente rispettate in pubblico per adesione alla forma, per convenzione e conformismo, condizioni imprescindibili di accettazione sociale? E poi, dietro le quinte, si trasgredisce come in ogni luogo dove i divieti e la repressione la fanno da padroni? Si vocifera, infatti, che le donne Saudite, la maggior parte delle quali molto ricche, si fanno accompagnare dall'autista nei luoghi pubblici, e poi, girato l'angolo, si fanno venire a prendere per andare dove vogliono.
Ma allora, é tutta questione di ipocrisia, una mondo fatto di pubbliche virtù, vizi privati? Un pò come succedeva (e succede ancora) in tanti luoghi dell'Italia, dove la gente mormora? Dove va tenuto un atteggiamento morigerato in pubblico e in privato si fa di tutto, basta che non si sappia in giro, pena la messa alla gogna?
Forse un pò é anche così, ma la separazione netta del femminile in tutte le situazioni é evidente e stridente. Le donne Saudite rimangono sorvegliate speciali, da parte parentale, da parte di un uomo che ne ha la patria potestà.
Il Regno Arabo Saudita é uno stato teocratico, le cui leggi derivano dall'applicazione fondamentalista dei precetti della Sharia, tratti dal Corano. E' uno stato islamico wahabita. La pena di morte é largamente applicata e i tribunali coranici ancora impongono punizioni corporali, come la lapidazione in caso di "adulterio". Il venerdì si assiste alle esecuzioni in piazza, pratica raccapricciante che ancora oggi é in vigore affinché sia di monito.
Allo stesso tempo l'Arabia Saudita é il primo produttore di petrolio, grazie al quale mantiene relazioni con grandi paesi occidentali, come gli Stati Uniti, che curiosamente in questo caso soprassiedono alla evidente contraddizione di intrecciare relazioni economiche privilegiate con uno stato dalla struttura giuridico sociale integralista. I proventi dell'oro nero vengono distribuiti dal Re alla popolazione sotto forma di servizi sociali, come la sanità, l'educazione e l'erogazione di risorse energetiche (elettricità, gas, ecc.). Il Regno é tax free.
Un paese dalle enormi contraddizioni. Ma solo una donna nata e vissuta nell'Arabia del 2000 può descriverle. Può sfidare nei suoi modi e nei suoi tempi un'organizzazione sociale che a noi appare medievale e per molti aspetti lo é.
Come ha fatto una giovane ragazza di Riyadh usando Internet, l'unica forma di comunicazione privata possibile (insieme ai telefoni cellulari), e denunciando in modo brillante e intelligente gli anacronismi e le regole soffocanti imposte dalla comunità. Rajaa Alsanea nel suo bellissimo romanzo Ragazze di Riad ha lanciato una pietra nello stagno dell'immobilismo della tradizione e, nonostante le censure in patria, ha dimostrato la capacità delle stesse donne Saudite di essere protagoniste del loro percorso di lenta ma continua evoluzione.

Paola Ottaviano

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