È l’effetto scenico della combinazione di luci e ombre delle cattedrali sommerse, ma soprattutto è l’inaspettato tripudio di colori sfavillanti che disegnano il fondale a tal punto da creare schizzi decorativi come il mosaico. Anzi, la raffigurazione clonata del mosaico declinata al femminile.
Rara specie protetta a rischio di estinzione, è lei la rappresentante che più di tutti ti abbacina nelle acque delle Islas Medas, qui, di fronte alla Costa Brava spagnola affacciata sul Mare Nostrum. È lei che lo nobilita e lo effigia del crisma di policromia mediterranea.
Ma per scoprire di cosa si tratta andiamo per ordine, ripercorriamo a ritroso i siti di allestimento di questa policroma, scenica, onirica galleria d’arte mediterranea prima di giungere nella sala dell’esposizione regina.
Ci immergiamo in un mare temperato dal passaggio raggelante del termoclino che implacabilmente, attraversata la linea di confine dei tredici metri di profondità, ti penetra nella pelle con una sferzata di gelo agghiacciante. In uno scenario lunare, fatto di grandi massi rocciosi, qualcosa di un bianco abbagliante palpita a mezz’acqua. Sembra una navicella spaziale sospesa nella stratosfera. La medusa barile, il polmone di mare, si libra come se si apprestasse all’allunaggio sulla superficie ghiaiosa del fondale marino, che si avvale di differenti e variegati arredi ornamentali. Le foreste di posidonia oceanica ondeggiano nella corrente. Sono alte, sinuose, è come planare tra piantagioni di kelp australiano. Murene fuori tana le percorrono serpeggiando, poi vi s’infilano e osservano l’ambiente solo con la testa sporgente tra l’erba e la bocca perennemente spalancata in quell’espressione terrifica e buffa al tempo stesso. Tra i rami di gorgonia di tutte le gradazioni del rosso e del violetto si mimetizzano i folletti del mare. Cavallucci marini a testa in giù, vacchette di mare a pois, nudibranchi avvolti nei bozzoli come crisalidi di farfalle.
Le aragoste spinose periziano i dintorni lanciando le antenne in avanscoperta. Si confondono in perfetta sincronia con le spugne rilucenti e le chiazze di corallo vermiglio attaccate alle pareti. Scrutano il mondo dalle cavità carsiche delle grotte, rintanate. In allerta. In attesa della preda. Tripudio di colori, capolavoro policromo di questa galleria d’arte mediterranea.
I giochi di luce, con il sole che si rifrange a illuminare le oscurità degli abissi, attraversano i tunnel sottomarini. Lunghe e misteriose caverne, dove le cernie, regine indiscusse di questa porzione di mare, riposano al riparo dai curiosi. Le vedi ovunque, affacciate alle balconate delle montagne sommerse a scrutare l’orizzonte, le vedi nuotare tra banchi di saraghi, incrociare la rotta dei barracuda in formazione, con la loro prestanza massiccia e poderosa da lottatrici di sumo.
Ma gli anfratti rocciosi di questo fondale in chiaroscuro sono dimora privilegiata dei tanti abitanti di questo Parco Marino, dichiarato Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo. I polpi si stiracchiano e si adagiano mollemente al suolo. Ti guardano dritto in faccia con i loro occhioni azzurrati in netto contrasto con il bianco lattiginoso dei tentacoli e il cremisi acceso delle pareti scogliose. Gli scorfani rossi li scovi imboscati, nascosti tra i sassi. Sono lì, immobili, indolenti, svogliati, non c’è bisogno di agitarsi, la preda passerà di là, a offrirsi come su un piatto d’argento.
Eccoci arrivati in prossimità della sala dell’esposizione regina. È l’isolotto di Les Ferranelles, esposto al mare aperto. Ci spingiamo a trenta metri di profondità, tenendo d’occhio i computer, volgendo lo sguardo nel blu, nella speranza che appaia un pelagico di passaggio. Ci acquattiamo sul fondale, lo percorriamo lentamente con le ginocchia piegate e le pinne dritte verso l’alto. Cerchiamo. Guardiamo. E speriamo. Un paguro bernardo si affaccia dal suo carapace, ammiccando. Un granchio passeggia sgraziatamente con le sue chele sproporzionate.
Meno quattro minuti alla decompressione.
Una sagoma. Si solleva. È sul fondo ghiaioso. Stesa, tonda, decorata, disegnata, stilizzata come un mosaico, come una razza mosaico. La Raja undulata è lì, adagiata davanti ai nostri occhi esterrefatti, ipnotizzati, stregati. È lì, splendida nei suoi riflessi cerulei, le sue linee armoniose e simmetriche che le attraversano il dorso, è lì, splendida, unica, rara apparizione. È lì a coronare un sogno, ad apporre il sigillo a questo mare e a effigiarlo del crisma di policromia mediterranea.
Sulla spiaggetta de L’Estartit, quella riparata dai venti di tramontana, mi stendo a prendere il sole. Un gabbiano reale zampetta sul bagnasciuga. Si avvicina guardingo, circospetto. Si piazza lì, ai miei piedi, dritto e altezzoso. La luna piena si palesa tra i raggi del sole che scende all’orizzonte. Colora il cielo, policromo e mediterraneo, in questo tratto di Costa Brava dalle linee ondulate come un mosaico.
Paola Ottaviano |