Materiali da Raja Ampat


::Gennaio 2017::

Raja Ampat - West Papua - Indonesia - L'ultimo paradiso del pianeta

Parte III

Le homestay

E infine c'è l'altro modo di viaggiare alle Raja Ampat, quello dei backpackers, dei turisti zaino in spalla, dei viaggiatori indipendenti, che girano l'Indonesia con i mezzi pubblici, con la Lonely Planet e la guida alle "accomodation" locali, magistralmente redatta da The Raja Ampat Homestay Association. E' l'organizzazione delle comunità papuane che supporta i tradizionali alloggi autogestiti e investe i proventi di questo turismo ecocompatibile in progetti ambientali e culturali a beneficio delle popolazioni locali e della loro economia.
Una volta giunti a Sorong, è sufficiente fare un paio di telefonate per chiedere se c'è disponibilità e prenotare per il giorno successivo. E quasi sempre il numero da chiamare ti viene fornito da altri viaggiatori, che stanno partendo e che sono già stati in quella homestay. E' il passaparola della comunità dei backpackers, che si muovono da un posto all'altro del paese grazie soprattutto allo scambio d'informazioni gli uni con gli altri.
E così, il giorno successivo, mi faccio portare al porto da un taxi (prezzo 100,000 IDR, circa 7 €), per imbarcarmi sul traghetto pubblico, Bahari Express Ferry (parte due volte al giorno, alle nove di mattina e alle due di pomeriggio), direzione Waisai sull'isola di Waigeo. Il prezzo per una poltrona in classe economica è di 130,000 IDR (circa 9 €) e la traversata dura due ore. Due ore su un mare maliardo, che suscita versi stupiti di meraviglia quando regala improvvise apparizioni di balene e delfini in lontananza. E' troppo piacevole starsene sul ponte a scrutare la linea dell'orizzonte che si confonde con le acque dell'oceano per restarsene chiusi in coperta, così mi piazzo a poppa, in mezzo ai papuani che chiacchierano animatamente, fumano e ridono fragorosamente, tutti allegri ed eccitati, forse stanno tornando a casa, o forse vanno a lavorare nelle loro homestay, ma sono sempre sorridenti. E i turisti, quelli che viaggiano con i mezzi pubblici, si scambiano informazioni, emozioni, esperienze, tutti allegri e curiosi, forse stanno andando alla scoperta di un'altra destinazione dell'Indonesia, un'altra tappa del loro viaggio itinerante, stanno andando verso un'altra avventura. E anche loro sono sorridenti.
All'arrivo a Waisai, in attesa della barca che l'homestay ha mandato per prendere me e gli altri viaggiatori (in genere si divide il prezzo del trasporto verso le diverse isole, prezzo medio 150,000 IDR, circa 10 €), si è invitati a dirigersi presso il Waisai Tourist Information Centre, per pagare la tassa d'ingresso al Parco marino. Per fortuna ho con me la ricevuta della volta scorsa, l'avevo pagata a luglio durante la mia prima visita alle Raja Ampat e la tassa ha la validità di un anno.
Sbrigate le formalità burocratiche, salgo in barca e in venti minuti arrivo a Yenkoranu Homestay, sull'isola di Mansuar, Kri. Trascino la mia borsa ridondante dell'attrezzatura subacquea su un sentiero di sabbia, incrocio l'unica persona presente che mi mostra il mio bungalow. E' in stile tradizionale, di legno e foglie di palma. E' molto essenziale, materasso per terra, piccolo bagno all'interno e verandina. Non ci sono mobili, così mi faccio un giro e "rubo" uno specchio, una sedia, un tavolino dagli altri bungalow vuoti e appronto il mio arredamento.

Non sono di fronte alla spiaggia, ma è irrilevante, perché basta attraversare il magnifico pontile a pochi metri e mi tuffo in un mare da favola, il mare delle Raja Ampat. E solo al primo snorkeling, lì, a riva, nuoto con le tartarughe, i pesci pappagallo dal bernoccolo in gruppi di trenta alla volta. Faccio la posta a un polpo iridescente che sbuca timido e curioso da una roccia, m'immergo a immortalare uno splendido pesce coccodrillo immobile su una madrepora. Per non parlare degli squali pinna nera che pattugliano famelici i pilastri del pontile sommerso, memori dello "shark feeding" che ogni mattina i locali organizzano per la curiosità dei turisti. 
La sera, munita di torcia, attraverso la passerella e illumino l'acqua cheta del mare. Il "walking shark", lo squalo che cammina, nuota sinuoso in superficie, ignaro dello spettacolo incomparabile che offre agli astanti. Gli da inconsapevolmente appuntamento tutte le notti, le notti magiche di Yenkoranu illuminate dalla luna piena e dalle stelle brillanti.
Il mattino dopo sono pronta a immergermi nel fatato mondo sommerso delle Raja Ampat. E' un ritorno, dopo l'incantamento subito a luglio. Lo ritrovo, intatto e stupefacente, ma con sostanziali differenze. La visibilità risente della presenza di plancton, che crea una patina di sospensione nell'acqua. E' una nebulosa, spazzata via dalla corrente furiosa della marea entrante. E' il momento di ancorarsi al fondale, chi con l'uncino, chi planando rasente i coralli e aggrappandosi con le dita alla meno peggio per fronteggiare le mante giganti, bianche e nere. Sono lì a Manta Slope, tutte in fila, dalla più grande alla più piccola, in un assetto di rigorosa piramide gerarchica. Non si muovono, convivono con la feroce risacca con il solo leggero battito d'ali, tutte in posa a farsi ripulire dai parassiti dai labridi pulitori. 
Gennaio soffre anche dell'eccessiva presenza di subacquei. E' un affollamento legittimo, certo, ma cambia sensibilmente la godibilità delle immersioni che, paragonate a quelle effettuate a luglio quando sott'acqua si è quasi totalmente soli, registrano un peggioramento qualitativo. Detto ciò, le Raja Ampat non si smentiscono mai. Serpenti di mare ad anelli blu e neri che ti accompagnano sinuosi giocando a nascondino tra le rocce, il grande barracuda solitario e terrifico che ti si piazza davanti in una lenta ostinata rivendicazione territoriale e i wobbegong che risalgono dal fondo di corsa, come se convergessero a un appuntamento imperdibile.
Ma forse la vera specialità delle homestay, di questa homestay, sta nella terra, nella sua posizione di casa nella foresta. E' come essere circondati da una fitta giungla, da cui sbucano misteriosi animali endemici. Soprattutto nel cuore della notte, quando vengo svegliata all'improvviso da un rumore sinistro, uno squittio, un movimento cauto, felpato, soffocato. Mi sporgo dalla zanzariera per guardare dietro il materasso verso il muro e m'imbatto in un paio di occhietti che mi fissano. Mi si gela il sangue. Mi precipito fuori in preda al panico. Lo so che i ratti nativi gironzolano nelle zone dove il cibo è conservato e la spazzatura è accatastata (uno dei problemi più difficili da risolvere nelle homestay è proprio lo smaltimento dei rifiuti), lo so che siamo immersi nel verde boschivo in mezzo alla natura, lo so che non è un hotel a cinque stelle ed è bello proprio per questo, ma non posso condividere il mio letto con un topo, proprio no! E così, il giorno dopo cambio bungalow e mi trasferisco in uno dei nuovi, meno tradizionale, ma più protetto. Almeno per qualche notte!
Qualche notte che, una dopo l'altra, non smette di incantarmi. Perché mi fa visita il cuscus maculato, quel meraviglioso e dolcissimo marsupiale arboricolo che si palesa dopo il tramonto, si arrampica sui rami più alti degli alberi che circondano Yenkoranu e si stiracchia osservando curioso le persone che lo ammirano sbalordite. Li fissa con quegli occhioni enormi, quasi fosforescenti, con la testolina reclinata, con quell'espressione un po' interdetta. 
Perché mi fa visita il granchio del cocco, il più grande artropode terrestre del mondo, che non si palesa in mezzo alle palme proprio di sua volontà, ma vi è trascinato di peso con una corda da un nativo del vicino villaggio che cede all'insistente richiesta di qualche turista curioso. E' bellissimo con le sue chele gigantesche che si attaccano a qualsiasi appiglio riesca a trovare, è brillante con i suoi colori sgargianti che lo mimetizzano e le uova rosse che porta in grembo, ma appare altrettanto disperato. Si sente minacciato nella sua sopravvivenza, deve aver interiorizzato il senso di pericolo insito nella sua condizione di preda appetita dai nativi del luogo che lo cacciano ancora per le sue carni prelibate. Finalmente, mossi a compassione, dopo qualche minuto, tutti concordano nel liberare il meraviglioso malcapitato e riportarlo a casa sua, nella sua foresta di palme da cocco.
Perché, infine, faccio visita all'uccello del Paradiso, il Cendrawasih, icona della Papua. Mi alzo alle cinque di mattina per imbarcarmi quando ancora il buio della notte avvolge di silenzio l'arcipelago addormentato. Pochi minuti e il capitano approda sull'isola di fronte, Gam. Qui, nel villaggio di Sawinggrai mi aspetta una guida papuana specializzata, che mi accompagna su nella foresta in un trekking di mezz'ora, tra orchidee in fiore e nidi di uccellini appena nati. Soltanto dalle sette alle otto è possibile scorgere questi mitologici uccelli, che si svegliano alla luce dell'alba ed emettono i loro acuti gorgheggi di richiamo. Tutti col naso in su, nel tentativo di identificarli, nell'accecante riflesso dei primi raggi del sole tra il fitto fogliame. All'improvviso tre "Paradisee rosse" si esibiscono in una policroma danza del corteggiamento sbattendo le sgargianti ali vermiglie e inanellando la coda arricciata. E' uno spettacolo meraviglioso e magico, celebrazione della bellezza.
Al ritorno, ancora ipnotizzati dalla forza primordiale della natura, si viene accolti dai timidi e riservati padroni di casa in un semplice capanno di legno che funge da ufficio per pagare la tassa d'ingresso al parco (150,00 IDR, circa 10 €) più altri 150,00 IDR per la guida papuana. Un ultimo sguardo al villaggio, con le sue casette a palafitta e i bimbi che salutano da lontano, tra schizzi e risate, lanciandosi dal pontile e tuffandosi nei loro fragorosi giochi d'acqua.
Nelle homestay la domenica è sacra e nessuna attività è programmata, se non quella dell'ozio. Così il sabato sera è festa e i locali accordano gli strumenti e suonano e cantano tutta la notte. Seduti sulle panche, sulla sabbia o sui tronchi d'albero, a ridosso della dolce risacca del mare e della luce tremula delle stelle, ci si sente in paradiso.
Qui alle Raja Ampat, l'ultimo paradiso del pianeta.

 

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