Materiali dall'Indonesia

Cronaca di un'odissea

::Luglio 2001::
Sapevo che raggiungere le isole Togian era complicato. Qualche anno prima avevo incontrato a Palu, nell’isola di Sulawesi, alcuni viaggiatori francesi che avevano fatto naufragio nel golfo di Tomini. Erano a bordo di un traghetto, troppo affollato, che navigava in direzione proprio delle isole Togian.
Ciononostante, non avrei mai immaginato l’odissea che mi aspettava.
Arrivata a Gorontalo, mi sono presentata al Black Marlin Office per prendere accordi per la traversata. Sapevo che una volta alla settimana una loro barca effettuava il trasporto da e per le isole. Ma non era quello il giorno giusto. E così mi proposero di partire la notte stessa con una “barca privata” (charter boat). Essendo solo in due, avremmo dovuto pagare il prezzo intero, e cioè 1.100.000 rupie (circa 100 USD), una cifra esorbitante in rapporto ai costi indonesiani. Ma tanto era l’entusiasmo, che decisi di partire, malgrado le rimostranze (giuste) del mio compagno che, controvoglia, diede il suo consenso.

Fummo trasportati al porto di Marisa con un bemo (charter bemo) pagato 150.000 rupie (15 USD), dove giungemmo alle 11 di sera, dopo 4 lunghe ore. Il buio era tale in questo piccolo villaggio di pescatori che non riuscimmo a vedere il tipo di imbarcazione, se non quando arrivò il capitano (letteralmente buttato giù dal letto) che, guadando per un centinaio di metri nella bassa marea, ci condusse al mezzo di trasporto.
Era un peschereccio di piccole dimensioni che veniva caricato di casse di coca-cola, cibo, e altri imballaggi non ben identificati! Ci piazzammo al centro della barca, all’aperto, coperti da un telo di cerata che aveva lo scopo di riparare le vettovaglie più che noi e partimmo all’una di notte.
Le prime 2 ore di traversata me le ricordo come un incubo: nel buio totale, un mare imbestialito, pioggia torrenziale, vento freddo. Ad ogni onda dovevamo tenerci stretti al bordo della barca per non finire in acqua; per non parlare del rumore assordante del motore che non ci ha mai abbandonato (per fortuna!). Il capitano, concentratissimo a tenere il mare in quella tempesta, si rivolgeva a noi, ogni tanto, nell’unico codice di comunicazione che possedeva: “OK?”, ma non era affatto ok, e vi lascio immaginare le nostre risposte!
Intorno alle 5 di mattina il mare si era placato, stava spuntando un’alba fantasmagorica, col sole che saliva fra le nuvole disegnando figure che digradavano dall’azzurro più intenso al rosa sfumato. Dopo 8 ore di navigazione, alle 9 di mattina, arrivammo a destinazione nell’isola di Kadidiri, al Black Marlin Lodge, un posto incantevole.
Avevo raggiunto le isole Togian, che avevo sognato per anni.
E ne valeva la pena, perché sono veramente splendide e soprattutto perché esistono altri modi più sicuri e prezzi più giusti e convenienti per arrivarci. (vedi informazioni pratiche).

Riconosco a Crispin Gibbs, il proprietario del Black Marlin Lodge a Kadidiri, la bellezza del complesso di bungalow che ha costruito nel rispetto dell’ambiente e anche la comprensione che ci ha espresso per la nostra disavventura (ci ha offerto anche uno sconto per il soggiorno).

Non faccio altrettanto per il personale del Black Marlin Office a Gorontalo che, per intascarsi un gruzzolo di rupie, non si è fatto scrupolo di mandarci allo sbaraglio, in condizioni molto difficili, con un mezzo inadeguato, trattandoci alla stregua di una cassa di coca-cola.
Paola Ottaviano.

 

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